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Il 29 Maggio 2005 non potremo dimenticarlo, perché ha tragicamente segnato per tutti noi il prima e il dopo della storia dell’Osservatorio. Quel giorno è venuto a mancare il nostro Fausto, inaspettatamente anche per chi conosceva bene le sue precarie condizioni di salute. Se n’è andato, in silenzio e con discrezione, un grande amico che ha attraversato la vita lasciando traccia di sé, uno di quei pochi fortunati che hanno nelle proprie mani la capacità e la forza di dare una forma concreta ai propri sogni.

Ma Fausto non è solo lì, nelle cose che ha costruito e che chiunque può vedere ogni giorno. Quello che ci torna alla mente pensando a lui è molto di più. E non abbiamo da frugare troppo nella memoria per rivivere quasi giorno per giorno i lunghi anni della nostra amicizia, pieni di momenti e di emozioni che da soli il ferro e il cemento non possono raccontare. Fausto accovacciato per ore davanti a una sua opera in costruzione, con l’eterna sigaretta tra le labbra; che spiega con pazienza infinita ai bambini di una scolaresca in visita che il cielo è nero anche di giorno; che ti racconta aneddoti dei suoi lunghi anni in America Latina, pieni di riflessioni umane e appassionate… E poi Fausto davanti al camino di casa, il luogo quasi mistico dove sono state pensate tutte le cose relative all’Osservatorio, e dove si sono consumate anche storiche e più prosaiche salsicciate che hanno cementato più di una amicizia, sia con la gente dell’Osservatorio che con ospiti di riguardo come professori e ricercatori.

Fausto Marini durante le fasi di costruzione dell’OACL

Caparbio e perfezionista fino all’inverosimile, era capace di tenerti inchiodato a un tavolo fino alle cinque del mattino per scrivere e riscrivere una lettera, o aggiustare uno strumento, o progettare una modifica. Solo la progressiva malattia è riuscita ad allontanarlo, piano piano, dai suoi strumenti di lavoro, ma ciò che ha lasciato non ha bisogno di commento ed è una continua fonte di stupore per chiunque venga in visita all’Osservatorio.

Eppure Fausto non è stato solo un grandissimo astrofilo autocostruttore. Accanto a lui molti di noi ex-ragazzi sono diventati uomini, assorbendone giorno dopo giorno il culto della cordialità e della dedizione incondizionata per ciò che si sta facendo. Ed è con un rammarico infinito che ci troviamo, troppo presto, eredi naturali, anche se purtroppo solo emuli, dello spirito e della lettera del suo credo fondamentale: migliorare la società, anche soltanto di una briciola culturale per volta, anche solo una persona per volta.

Per i giovani che si sono avvicinati all’Osservatorio in tempi successivi, Fausto è stato e rimarrà sempre un guru, una figura leggendaria che però era allo stesso tempo concreta e presente, sempre pronta a dare una mano, a risolvere un problema, a tranquillizzarti con un consiglio. Nessuno di noi ha pensato, anche una sola volta, che Fausto potesse non esserci nel momento di bisogno, che potesse non essere in grado di aiutarti, che non avesse voglia di farlo. Ci ha abituati male, insomma, e qualche volta ne abbiamo approfittato; lui lo sapeva, ma non ce l’ha fatto pesare, e anche questa è stata una lezione di vita.
È difficile pensare a lui chiuso nello spazio troppo piccolo di un cimitero, lontano dalle sue cose. È invece semplice e naturale sentirlo tra noi ogni volta che apriamo il cancello dell’Osservatorio ed entriamo nel suo paese delle meraviglie. Ma ci manca la sua voce, il suo sorriso sotto i baffi, la sua arguzia. Queste sono cose che non potremo dare a chi non l’ha conosciuto, ed è un vero peccato.

L’icona della spenta stella
Al cielo lenta ascende;
Non si scorgea quando c’era,
Oggi la vediam e non c’e.

Mihai Eminescu
Pasquale Giovine

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