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QUADERNI DIDATTICI

CLASSE DI ASTRONOMIA STRUMENTALE E OSSERVATIVA

 

NOTE SULLA CAMPAGNA “PHEMU” DEI SATELLITI GIOVIANI 2014-2015

CASO DELL’OCCULTAZIONE EUROPA-IO DEL 28/05/15

 

Giorgio Clemente (OACL)

 

COSFAM-QD ASO_01/15

novembre 2015
COMPLESSO MULTIDISCIPLINARE FAUSTO MARINI

Dipartimento Osservatorio Astronomico Colle Leone

Mosciano Sant’Angelo (TE)

Editor

Leandro Saracino (OACL)

Referees

 

1       INTRODUZIONE

Con la definizione di fenomeni mutui si intende una classe di fenomeni astronomici che si osservano in particolari configurazioni orbitali dei satelliti dei pianeti maggiori. Tali condizioni geometriche si verificano solo quando il pianeta esterno transita al suo equinozio, ossia nell’arco di tempo in cui esso attraversa il piano dell’eclittica e si trova quindi sullo stesso piano su cui orbita anche la Terra. Le condizioni equinoziali avvengono due volte per ogni periodo orbitale del pianeta, il che significa ogni 5,9 anni per Giove, ogni 14,7 anni per Saturno e ogni 42 e 82 anni rispettivamente per Urano e Nettuno.

Durante i diversi mesi di complanarità del pianeta e dei suoi satelliti con il Sole e la Terra, vengono favoriti particolari allineamenti reciproci dei vari satelliti, che osservati da terra possono risultare in mutue eclissi e occultazioni.

Particolarmente favoriti per questa categoria di eventi astronomici sono i satelliti che orbitano sul piano equatoriale di un pianeta che abbia una piccola inclinazione assiale rispetto all’eclittica, condizioni che si realizzano perfettamente nel caso di Giove e dei quattro satelliti maggiori (vedi Fig. 1.1).

I fenomeni mutui che riguardano i satelliti galileiani hanno preso nel tempo la sigla Phemu, mentre Phesat sono quelli di Saturno. Dalla cadenza molto distanziata degli equinozi di Urano e Nettuno si evince che i loro fenomeni mutui sono molto più rari, e considerando la grande distanza e la debole luminosità dei loro satelliti è facile capire che si tratta di osservazioni che abbisognano di profili strumentali molto avanzati.

 

Figura 1.1: Geometria orbitale dei fenomeni mutui di Giove.

 

L’utilità scientifica delle misure fotometriche dei fenomeni mutui risiede nella gran- de accuratezza astrometrica che se ne può derivare, qualora gli stessi eventi vengano misurati da postazioni osservative situate a diverse latitudini sulla terra. Purché condotta secondo protocolli professionali di acquisizione e riduzione dei dati, la fo- tometria dei fenomeni mutui risulta accessibile a molti strumenti di classe amatoria- le e semi-professionale, rendendo realisticamente accessibile l’obiettivo di ottenere misure a differenti latitudini e ricavarne parametri orbitali satellitari sempre più accurati.

 

2       CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

Per effettuare delle riprese elettroniche (valori fotometrici relativi in ADU da CCD) dei fenomeni mutui dei satelliti gioviani (le eclissi e le occultazioni reciproche di que- sti, chiamati brevemente Phemu), bisogna tener conto di alcuni aspetti che risultano determinanti per la buona riuscita dell’impresa.

In particolare per i Phemu 2014-15 è stato utilizzato un CCD SXpress Lode- star (grande sensibilità e tempi di download ridotti) applicato sul piano focale di uno Schmidt-Cassegrain (d = 203, f/10) della Celestron, sorretto da una montatura Vixen GP-DX motorizzata e controllata da uno Skysensor 2000PC.

La base dei tempi, la cui precisione, stante alle specifiche date dall’IMCEE, deve essere dell’ordine del decimo di secondo (d’altra parte anche il timing dell’header FIT, il formato immagine utilizzato, è dimensionato al decimo di secondo), è stata assicurata per parte delle riprese (fino a quella del 1 febbraio 2015) dal servizio NTP server di 4ª generazione (errore ±1 s; pertanto tale parte è da considerarsi di training del set-up). Poi, dal 12 febbraio 2015 a seguire, da un dispositivo GPS che sfrutta, dopo opportuna sincronizzazione temporale del PC tramite il software GPS-TSYNC, la precisione degli orologi atomici installati a bordo dei satelliti della costellazione, raggiungendo e superando in tal caso le specifiche richieste.

 

3       LESSONS LEARNED

Vengono riportate le lezioni apprese sul campo al fine di perfezionare la strategie di ripresa per una prossima campagna osservativa dei fenomeni mutui dei maggiori satelliti gioviani. In particolare:

  • Sito. Il setup, per comodità dello scrivente, era posizionato ad 1 km circa in linea d’aria dall’Osservatorio Astronomico Colle Leone, codice MPC C96 (le effemeridi scaricate dall’IMCEE sono riferite, in effetti, all’osservatorio, considerando l’errore di parallasse trascurabile).
  • Meccanica adeguata. Se tira il vento (almeno, come talvolta è accaduto, per il setup utilizzato) tutto va a zampe all’aria. . . motivo del fallimento del primo phemu osservato: l’immagine non deve “ballare” per colpa della meccanica del
  • Guida: È auspicabile avere una camera di guida che elimini le derive che, se importanti, nell’intervallo di 15 minuti (nel caso del più lungo fenomeno osservato) potrebbero spostare il target fuori Nel caso della campagna osservativa, senza autoguida, con il telescopio ben allineato e stazionato, lo scostamento del target, dopo 15 minuti, era di circa 1/25 del lato H del CCD (ovvero 26”, poco più del raggio apparente gioviano); in tal caso e per riprese effettuate nello stesso modo, se la successiva riduzione dei dati non è automatizzata tramite sw (ovvero bisogna valutare “manualmente” frame per frame gli ADU del phemu) e qualora vi siano piccoli scostamenti che non interessino cadute di luce importanti del piano focale (o perlomeno non significative per il grado di precisione che intendiamo raggiungere), la guida risulta non necessaria.
  • Tempi. Distanziare bene temporalmente le pose sì da coprire il phemu almeno

±3 minuti dagli istanti di inizio e fine calcolati per il sito ( le effemeridi sono scaricate dal sito dell’IMCCE). Utilizzare un sistema di sincronizzazione temporale del PC che garantisca il decimo di secondo sul timing delle riprese (esempio: GPS e sw GPS-Tsync).

  • Saturazione. Bisogna fare attenzione alla posa per non raggiungere la satura- zione dei pixel (la misura va a farsi benedire) ovvero quando e se supera il valore max di ADU (216); utilizzare, se necessario, dei filtri per lavorare sulla zona di linearità del sensore.
  • Elaborazione dati. Qualora non si disponga di un sistema automatico di ridu- zione della grande mole di dati , le misure ed i grafici risultanti sono frutto di un dispendioso lavoro “manuale”. Come giustamente sottolineato dal collega Giovan- ni Di Giovanni (compartecipe delle fasi iniziali della campagna osservativa), tutta l’onerosità del lavoro di post-produzione, vista l’esiguità del contributo allo studio dinamico sopra citato nel caso di poche misure significative, diviene un mero esercizio di elettronica (applicazione tecnica dei sensori CCD) e degli applicativi software utilizzati. Si è scelto di non partecipare alla campagna internazionale Phemu pilo- tata dall’IMCEE, visto che come osservatorio astrometrico (C96) non si è raggiunto il limite minimo, “auto-imposto”, di almeno 10 grafici (e/o tabelle di riduzione da- ti) significativi da proporre, quale contributo dell’OACL, a J. E. Arlot. Per una campagna osservativa seria che comprenda centinaia di riprese, tipo quella condot- ta dall’IMCEE, bisogna considerare che ognuna di queste implica, tipicamente, 45 frame al minuto (esposizione e download), che per una durata media di 8 minuti del fenomeno divengono circa 350 frame da analizzare per ogni phemu. Il lavoro manuale di analisi di ogni phemu richiede poi un impegno, stimato, di circa 10 ore. Inter- polando, ovvero considerando solo una percentuale temporalmente equiripartita dei frame, ovviamente il tempo speso si riduce ragionevolmente a scapito della completa trattazione di quanto acquisito. L’ideale sarebbe utilizzare una routine software per processare i dati fotometrici in maniera automatica.

Misure. Queste sono relative, dedotte con il procedimento della fotometria d’a- pertura ed eventualmente, in seconda battuta, da normalizzare al loro valore più alto registrato (value). In particolare si è utilizzato il SW ASTROART4 ed il suo tool della “fotometria d’apertura” con il valore dedotto dalla sommatoria degli ADU del cerchio di ripresa, sottratto agli ADU (valore medio) del fondo cielo/bias. Ov- viamente c’è da fare un distinguo tra la misurazione di una eclissi, ovvero del calo di brillanza del satellite “vittima” che entra nel cono d’ombra di un altro, e di un’occultazione, ove la separazione angolare all’istante del contatto dei due dischi è ridotta a zero per poi scemare a valori negativi (occultazione) quando i due dischi vanno a combaciare (del tutto o in parte)1. Nel primo caso, con opportune regola- zioni geometriche del cerchio di misura della fotometria d’apertura, si fa in modo di intercettare la sola luce proveniente dal satellite eclissato, mentre nel caso del- l’occultazione si riprendono le misure fotometriche di entrambi i medicei interessati (in questo caso l’evidente caduta di luce sarà dovuta in via differenziale, alla sola porzione “visibile” di satellite occultato, permanendo il primo come totalmente vi- sibile sulla direttrice Giove-Terra). Per quanto riguarda l’omogeneità delle misure legate alla trasparenza atmosferica (passaggio di nubi, variazioni da moti convettivi) si utilizza come riferimento, a parità di posa, uno dei satelliti di Giove non interes- sati dal phemu. D’altra parte risultano trascurabili, in prima approssimazione, le variazioni di magnitudine legate allo spostamento in altezza sulla Sfera Celeste del target ed alla variazione di albedo dei satelliti dovuta alla rotazione di questi, visti i tempi ridotti dei phemu osservati (max 12 minuti). Tale errori, qualora considerati, risulterebbero, ovviamente, sistematici.

 

1Qualora, prospetticamente, il fenomeno sia duplice, quando il satellite generante il cono d’ombra sia posto esattamente tra l’osservatore sulla Terra e il satellite eclissato, allora avremo anche nell’istante e per tutta la durata dell’eclissi un’occultazione, preceduta da un calo di luminosità dovuto all’attraversamento del satellite “target” del cono d’ombra dell’altro.

 

4       LE SESSIONI DI RIPRESA

In Fig. 4.1 vengono riportate le riprese fatte ed i dati ad esse associati.

Figura 4.1: Tabella dei dati di ripresa.

 

Gli acronimi convenzionali usati per identificare i vari phemu sono i seguenti:

  • 1: Io;
  • 2: Europa;
  • 3: Ganimede;
  • 4: Callisto;
  • o: occulta;
  • e:

L’etichetta 2e1 significa quindi “Europa eclissa Io”.

 

5       CASE STUDY

La ripresa considerata è quella del 28 maggio 2015 (la n. 6 in tabella 1), quando Europa ha occultato Io per un “impact value” pari a 0.365 (il disco di Io era quindi occultato per un buon 60%).

L’occultazione è iniziata alle 19h 35m 15s (UT) ed è terminata alle 19h 39m 1s (UT). Tali limiti temporali sono riferiti alle coordinate geografiche del sito dell’Os- servatorio Astronomico Colle Leone (C96) e sono state dedotte dal sito dell’IMCCE di Parigi.

La serata era caratterizzata da un buon seeing (valore 2 della scala di Antoniadi) e da una più che discreta trasparenza del cielo (valore 2 della scala di Tempesti).

C’è da dire, comunque, che Giove non era altissimo (come nei mesi precedenti), difatti all’epoca E della sessione era ad “appena” +37° di altezza sull’orizzonte.

 

5.1     Telescopio e FOV

In base alla focale del telescopio utilizzato, di configurazione ottica Schmidt-Cassegrain, e al sensore applicato sul piano focale (la cui curvatura e i cui dati caratteristici de- dotti con il software CCDinspector 2.2.1 della CCDware si riportano in Fig. 5.1), il Field of View (FOV) è risultato pari a un rettangolo di 10.94 arcmin × 8.18 arcmin.

Figura 5.1: Curvatura e dati caratteristici del FOV.

 

Si riporta in Fig. 5.2, a mo’ di esempio su quanto registrato sul piano focale, il frame n. 198 (acquisito a metà sessione di ripresa) e il testo dell’header associato al file FIT.

 

Figura 5.2: FOV effettivo al telescopio.

 

FIT Header:

SIMPLE = T BITPIX = 16

NAXIS = 2

NAXIS1 = 752

NAXIS2 = 290

BZERO = 32768.0

EXPOSURE= 1.0

TEMPERAT= 0.0

DATE-OBS= ’2015-05-28T19:38:08.5’ / UT JD = 2457171.31815400000

DATE-LOC= ’2015-05-28T21:38:08.5’ / LT OBJECT = ”

ORIGIN = ’Kon Tiki’ OBSERVER= ’Clemente G.’ LATITUDE= ’+42 45 13’

LONGITUD= ’-013 52 43’ TELESCOP= ’SC C8’ DIAMETER= 203.0

FOCALLEN= 2030.0

INSTRUME= ’SXp Lodestar’

AVISUMIN= 200.0

AVISUMAX= 20000.0

AVISUTYP= -5.0 END

 

5.2     Specifiche del sensore

La camera CCD di ripresa come detto era la Starlight Xpress Lodestar, dotata di una eccellente QE con picco del 65% intorno ai 630 nm (in Fig. 5.3 il grafico normalizzato a tale valore).

 

 

Figura 5.3: Curva normalizzata di efficienza quantica del sensore di ripresa della Starlight Xpress Lodestar.

 

L’assenza di otturatore meccanico, visto l’alto numero di frame, non ha deter- minato problemi di usura “forzata” delle parti meccaniche. D’altra parte la buona velocità di acquisizione del registro di lettura e degli stadi a seguire del CCD non hanno determinato alcuno smearing nelle riprese.

Per completezza di trattazione si riportano i dati tecnici del sensore utilizzato:

 

 

sensore Sony ExView ICX429AL. CCD a scansione

progressiva con bassa corrente di buio ed antiblooming verticale. Grade 1, ADC a 16 bit

CCD (array), area 752 × 582 pixels, 6.46 mm (H) × 4.83 mm (V); il

numero di pixel in V durante la ripresa è stato portato a 290

CCD (dim. pixel) 8.3 × 8.3 µm
Full Well Capacity Più grande di 50 000 e (no binning)
Rumore di lettura < 15 eRMS (normalmente 10 e-)
Dark current < 0.1 e/s a T = +10°C
Guadagno 0.9 e per ADU
Download, alimentazione 0.2 s a piena risoluzione (USB 2.0), da USB
Sistema di raffreddamento non presente

 

Tabella 5.1: Dati tecnici del sensore di ripresa.

 

5.3     La trasmittanza del filtro ND96

Il filtro utilizzato per attenuare la brillanza dei satelliti osservati è un ND96 della Meade di colorazione neutra (la pasta vetrosa, apparentemente, è di colore grigio scuro).

Tale filtro passabanda, per tutto lo spettro del visibile, ha il suo minimo di trasmit- tanza intorno ai 650 nm, come misurato con il sistema spettrografico in dotazione all’osservatorio. Si riporta il Fig. 5.4 il grafico relativo della sua trasmittanza T.

 

Figura 5.4: Trasmittanza del filtro ND96.

 

Per lavorare nella zona di linearità del sensore si è scelto di utilizzare un filtro attenuatore (con esposizioni del CCD intorno al secondo) piuttosto che ridurre la posa, questo al fine di contenere il numero di frame per ripresa ad un massimo di 500. D’altra parte il filtro, scurendo il fondo cielo, aumentava leggermente il contrasto a tutto vantaggio della bontà della ripresa (miglioramento del rapporto segnale/rumore).

 

5.4     Le misure

Si è scelto, visti i fini eminentemente didattici della riduzione dei dati e a risparmio di tempo, di elaborare solo il 10% dei frame acquisiti. In tal modo con i 40 frame, equidistanti temporalmente (del tempo di download + d’esposizione), è stato pro- dotto il grafico magnitudine/tempo riportato in Appendice A, ove per magnitudine si intende, più correttamente, il valore digitale registrato1 dal software mediante il procedimento della fotometria d’apertura (PA). Tutti i valori del phemu, misurati con il metodo della fotometria d’apertura, sono riportati, invece, nella tabella in Appendice B al presente documento.

1Tale valore risulta uguale alla sommatoria degli ADU dei singoli pixel nel cerchio d’apertura alla quale viene sottratto il valore in ADU del fondo cielo.

 

6       CONCLUSIONI

Una campagna osservativa di innumerevoli phemu, com’è noto, permette di affinare la precisione dei parametri orbitali dei satelliti medicei all’epoca E dell’osservazione. I satelliti medicei, nella loro dinamica, sono continuamente perturbati (3) dalla combinazione delle attrazioni gravitazionali di Giove, Saturno, Sole e dei satelliti

stessi.

Qualora non si disponga di un sistema automatico di riduzione della grande mole di dati, le misure ed i grafici risultanti sono frutto, come precedentemente esposto, di un dispendioso lavoro “manuale”.

A conclusione di tale campagna osservativa, condotta in maniera non sistematica, c’è comunque da dire che tra le finalità dell’Osservatorio Astronomico Colle Leone vi è, indubbiamente, quella didattico/divulgativa. In tale ottica, il tempo speso, i risultati raggiunti e i metodi utilizzati possono trovare un utile ritorno per mostrare come da un fenomeno celeste osservato con degli opportuni sistemi di ripresa, si possano riscontrare live quei fenomeni prodotti dalle geometrie orbitali di mondi “lontani” dal nostro pianeta.

 

 

7       APPENDICE A

 

Tabella riassuntiva dei dati fotometrici del phemu 2o1.

 

Figura 7.1: PHEMU medicei 2014-15. Occultazione di Io da parte di Europa del 28 maggio 2015

 

Legenda:

  • Frame: numero del FIT;
  • Epoca (UT): YYYY-MM-DD hh:mm:sec;
  • PA value 2o1: valore (raw) in ADU di Europa che occulta Io da fotometria d’apertura;
  • PA value 4: valore in ADU di Callisto da fotometria d’apertura;
  • ∆ PA value 4: differenza tra PA value 4 e M (media dei PA value 4);
  • PA value 2o1 c (calibrato su 4): PA value 2o1 + (PA value 2o1)x(∆ PA value 4)/M
  • Stima errore: PA value 2o1 c per ± O / M

La media M dei “PA value” di Callisto (4) è risultata pari a: 79862.5

La deviazione standard O dei “PA value” di Callisto (4) è risultata pari a: ± 3666.5 Il rapporto O / M dei PA value” di Callisto (4) è risultato pari a: ± 0.045910158 Acronimi utilizzati per i phemu: 1: Io, 2: Europa, 3: Ganimede, 4: Callisto; o:

occulta, e: eclissa.

Nota: la magnitudine visuale apparente di Callisto per tutto il periodo della ripresa è costante ed è pari a 6.87. Tale valore, per l’Epoca del phemu ripreso è dedotto dall’IMCCE.

 

8       APPENDICE B

 

Figura 8.1: Grafico della fotometria di apertura del phemu 2o1.

 

9       RINGRAZIAMENTI

Un sentito ringraziamento va a Giovanni di Giovanni, per avere ispirato il presente lavoro, e a Leandro Saracino per aver contribuito a sostenerne alcuni sviluppi.

Versione LATEX a cura di Leandro Saracino (OACL).

Bibliografia

[1] Arlot J.E. (2014), “Les campagnes d’observation des phénomènes mutuels des Satellites galiléens. La campagne 2014-2015 ”, IMCCE/obs. de Paris

Pasquale Giovine

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